Marco Francini: Quella notte che Putin mi fece cantare Caruso

da: Corriere della Sera - Corriere del Mezzogiorno

di Michelangelo Iossa
Da oltre quarant'anni calca i palchi e festival musicali di tutta Italia e spesso si ritrova in tournèe all'estero, come accaduto in Polonia, in Francia o in Egitto. Ma quella sera a Sanpietroburgo di undici anni fa resta unica nel suo genere nella carriera di Marco Francini: nell'estate 2011, infatti, il cantattore e vocal coach napoletano si ritrovò a suonare in concerto privatissimo, per l'uomo che oggi è al centro della cronaca mondiale, Vladimir Putin.

Ci racconti di quella stagione musicale in Russia e di quella tournèe estiva.
"I concerti di quel tour occupavano quasi un intero mese - spiega Marco Francini - quindici giorni a Mosca e altri quindici a san Pietroburgo. Nel mio live set con chitarra acustica e voce, mi esibivo suonando e cantando le più popolari canzoni italiane e napoletane, straordinariamente famose in Russia. I brani di Domenico Modugno, Lucio Dalla, Toto Cutugno e Adriano celentano, ma a nche i repertori di Salvatore di Giacomo, E.A. Mario e Vincenzo Russo erano tra i più amatidal pubblico moscovita, ad esempio. La tournèe si tenne sui palchi dei grandi ristoranti di lusso della catena Il Grappolo, tra i più apprezzati del jet-set russo".

Come avvenne l'incontro con l'allora primo ministro russo Vladimir Putin?

"Il ristorante era al primo piano di un elegante palazzo di san Pietroburgo e , alla mia sinistra, avevo una grande vetrata con vista sulla città. accanto all'ingresso del Grappolo sostavano alcune auto blindate da cui uscirono bodyguard vestiti di nero. Me li ritrovai di fronte pochi minuti più tardi: iniziarono a ispezionare ogni angolo delle sale del ristorante prima che facesse il suo ingresso la delegazione guidata da Vladimi Putin, sua moglie e dalla allora sindaca di Sanpietroburgo."

Putin e la moglie erano clienti dei ristoranti italiani de Il Grappolo?

«Proprio quella sera d’estate seppi che Putin era un cliente abituale del ristorante di San Pietroburgo e cenava con sua moglie in una sala privata, destinata a ospiti di riguardo o a persone per le quali dovevano essere garantite riservatezza e massima sicurezza. Putin è nato a San Pietroburgo e negli anni Novanta ha iniziato la sua carriera come consigliere del sindaco della città Anatolij Aleksandrovič Sobčak. Il suo legame con la metropoli e con i suoi abitanti è evidentemente fortissimo».

Cosa accadde quella sera?

«La porta di ingresso della sala privata in cui si trovava la delegazione istituzionale era presidiata da agenti del KGB. Da quella porta uscirono due guardie del corpo che mi chiesero di entrare nel privè del locale perché Putin voleva incontrarmi. Sembrava, ai miei occhi, la scena di un film di spionaggio; ero molto sorpreso e anche teso per quel clima di grande protezione che circondava il primo ministro. La sala aveva un grande tavolo rotondo al centro e un pianoforte a coda. Il proprietario del locale faceva da cerimoniere e mi disse che sarebbe stato bello salutare Putin e la sua signora con alcune canzoni italiane».

Quali brani le chiesero di interpretare?

«Andai a prendere la chitarra nella sala in cui mi esibivo e quando rientrasi nel privè chiesi, in inglese, a Ljudmila Putin quali brani avrebbe voluto ascoltare. Mi rimproverò severamente e, sorprendendomi, disse in un italiano fluente “Con noi lei deve parlare in italiano perché comprendiamo perfettamente la sua lingua!”. Mi chiese di interpretare “Caruso” di Lucio Dalla e “Volare. Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno.

Erano brani molto noti in Russia e coincidenza volle che, proprio in quei mesi, avevo iniziato a portare in giro in tutta Italia il mio spettacolo “Mister Volare – Omaggio a Domenico Modugno”. Putin mi chiese di cantare altri brani e io spiegai che ero napoletano e, quindi, eseguii “’O Sole Mio” e Torna a Surriento”: il primo ministro ascoltava in silenzio, con grande attenzione ma con un viso severo, quasi mai sorridente».

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