domenica, 25 febbraio 2018

Le emozioni di Francesco D’Errico quando ascolta Echos2

Grazie all'amico Francesco D'Errico per le belle emozioni che ci restituisce.
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Un pomeriggio della prima metà di giugno.
La temperatura ancora mite, prima che il caldo diventasse invasivo, i raggi del sole s’infilavano tra le foglie appena scosse dal vento degli alti e antichi alberi del Bosco. Così quelle frequenze del sole che se lasciate senza freni, arriverebbero sulla nostra pelle lasciando che il nostro sentire le traduca in caldo pungente, venivano invece assorbite dal via vai verde, frusciante delle corone degli alberi, dall’attività della fotosintesi.  Un po’ d’ombra, un po’ di luce. Ancora luce e poi ombra. Insomma i raggi di sole ficcanti tra le foglie e così alleggeriti degli infrarossi, concedevano una frescura assai piacevole.
Un bel pomeriggio e, come spesso mi accade ero li per correre. Lo faccio da circa venti anni imponendomi una certa disciplina. Cerco di correre un’ora, un‘ora e un quarto, circa tre volte a settimana.
Sempre, con qualunque clima. Ed il tempo tra maggio e giugno è tra i migliori.
Indosso una maglietta leggera, i pantaloncini. Scelgo sempre con cura le scarpe. E’ necessario che siano specifiche per la corsa, il running. E’ importante per la schiena e le articolazioni. Ogni paio va cambiato in media ogni sei mesi perché non perdano la giusta elasticità.

Ecco, quel pomeriggio, appena infilate nelle orecchie le cuffie del mio Ipod cominciai a correre.

La musica accompagna sempre i miei allenamenti. I miei ascolti sono quasi sempre ascolti dedicati a musiche che mi interessano specialmente per questioni professionali. Nuovi musicisti da conoscere, musica da studiare, studenti che chiedono un parere.
Ma quella mattina la dedicai all’amico Marco.
Mi aveva con generosità offerto uno dei suoi ultimi lavori: Echos 2. Due perché questo CD seguiva un primo lavoro immaginato sulla stessa onda. Ricerca di campi aperti, modali direi. Orizzonti ampi, suoni antichi. Voce e strumenti che quasi si confondono. E poi la parola detta.
Ascolto tutte le tracce mentre corro. Le ascolto con attenzione. Incrociando il loro ritmo con quello dalla mia corsa. Così mescolando l’intreccio strumentale con il vento tra le foglie e sul mio corpo, il mio sudore con i profili melodici, i profili ritmici con il mio passo.  Assaporo la freschezza, l’immediatezza di questa musica.

Quello che mi viene in mente, specie con la traccia 6 “All’onda”, è un bambino di otto nove anni, un bambino napoletano ma non, come quasi sempre accade, una scugnizzo. No. Un bambino tranquillo e fantasioso. Che guarda al mondo degli anni sessanta italiani con meraviglia e curiosità. Il sole e la pioggia leggera tra le foglie, le auto del boom economico e le automibiline custodite nello scatolo di legno. Gli elettrodomestici, i compagni di scuola. Gli altri bambini. I giochi, i primi litigi. Insomma guarda a tutto questo, alla scoperta che tutto ciò riserva, e proprio non vuole rinunciarvi. Il passo nel mondo degli adulti è lontano ed anche indesiderato.

Tutto questo mi viene incontro ascoltando Echos due in una forma sana e sospesa.
L’ottimismo del mattino, prima che la giornata si presenti con tutte le sue asprezze. Quella parte piccola piccola che ogni adulto dovrebbe custodire con molta cura e rispetto. Quella parte che continua, se non abbandonata, a nutrirci per tutta il tratto di vita che ci è destinato.
Dopo circa un’ora e un quarto mi dirigo verso i cancelli d’uscita. Faccio stratching. Mi tolgo la fascia che ho in testa per assorbire il sudore e la strizzo. Sento sempre una certa soddisfazione a farlo. Torno a casa, mi faccio una doccia. Ecco il momento migliore. Grazie Marco.

4 luglio 2017
Francesco D’Errico


 

 
 
 
 
 

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